Nuoro News
Notizie    Video   
NOTIZIE
Nuoro News su YouTube Nuoro News su Facebook Nuoro News su Twitter
Nuoro NewsnotiziealgheroCulturaLibri › Antoine de Saint Exupéry: Passaggio ad Alghero
Red 29 novembre 2013
Antoine de Saint Exupéry: Passaggio ad Alghero
Di seguito la versione integrale della introduzione di Pasquale Chessa al libro di Luciano Deriu: “Il Piccolo Principe dall’isola alle stelle”


ALGHERO - Il racconto degli ultimi mesi della vita di Antoine de Saint Exupéry, trascorsi in Sardegna, ad Alghero. Pubblichiamo la versione integrale della introduzione di Pasquale Chessa al libro di Luciano Deriu: “Il Piccolo Principe dall’isola alle stelle” che sarà presentato questa venerdì sera presso la Fondazione Meta (ore 17.30).

«I piloti non hanno ali piumate, non sono angeli
e tantomeno eroi, sono bambini adulti, bambini nascosti,
ben custoditi nella loro maturità, (…)
ma legati all’infanzia con un elastico da fionda
che gli sbuca dalla tasca. Se poi tra l’infanzia e la morte
c’è uno speciale rapporto, non saprei dire».
Daniele del Giudice, Staccando l’ombra da terra, Einaudi 1994, p. 118


«Eravamo in mezzo al nulla», ricordano i piloti del gruppo II/33, tutti francesi ma inquadrati nei ranghi dell’aviazione americana per combattere i tedeschi nella Francia occupata in nome della Francia libera. Sono appena stati trasferiti da Algeri. E colpisce scoprire come in quel 1944 la Nurra fra Alghero e Sassari, vista dall’aeroporto di Fertilia, apparisse più spopolata del deserto nordafricano. E quel piccolo aeroporto si rivela subito poco adatto a far atterrare in sicurezza i Lightining P38. Bisogna rifare la pista: lo sbarco in Provenza è imminente e le foto dei ricognitori sono indispensabili per la riuscita dei piani di invasione. Per questo sono stati trasferiti al Nord-Ovest della Sardegna. Li comanda una celebrità dell’aviazione francese, Renè Gavoille, il protagonista di Pilote de guerre, del 1942, il romanzo che fa di Antoine Saint_Exupery il campione degli antinazisti. È per questo che lo scrittore pilota ha fatto di tutto per tornare a volare con la sua squadriglia, a dispetto dei suoi 42 compiuti e della regola mai infranta che impedisce a un pilota sopra i 30 anni di salire su un Lightining.
E invece il 12 maggio la festa è grande appena Saint-Exupery scende dal B26 sulla pista di Alghero sotto il Monte Doglia accompagnato da un fotografo di Life. Si chiama John Phillips. È figlio di una madre americana e di un padre gallese, colono in Algeria, è nato a Bouïra dove ha passato l’infanzia con una tata berbera che gli ha lasciato uno strano accento francese. Fra loro c’è un patto. Anche se non si conoscevano nemmeno quando il fotografo lo aveva chiamato al telefono, di passaggio ad Algeri verso il fronte italiano: «Pronto colonnello … Comandante prego».
Si erano subito intesi: «Voglio scrivere, e darò a lei il diritto di pubblicare tutto a condizione di tornare a volare con la mia squadriglia». Il potere di un fotografo di guerra inviato della rivista Life esercitava un fascino irresistibile per i generali americani desiderosi di fama. Non fu facile perciò, ma nemmeno troppo difficile. La speciale concessione prevedeva solo 5 voli di ricognizione sulla Provenza proprio nella regione della Francia dove era nato da una famiglia nobile ma non troppo ricca. Invece, la missione da cui il P38F5B n°223 non sarebbe più tornato il 31 luglio luglio del 1944 era già la nona. Dalla notizia della sua scomparsa, John non si sarebbe mai più perdonato di aver rimesso lo scrittore su un aereo.
Ero condirettore di Epoca quando incontravo John Phillips alla fine degli anni Ottanta durante i due mesi che passava in Italia insieme all’inseparabile moglie italiana, Annamaria Borletti, dividendosi fra le case di via Capuccio a Milano e delle Zattere a Venezia. Cene sobrie, poche persone, molte storie. Dagli archivi delle sua memoria temprata dalla grande storia i ricordi zampillavano uno dopo l’altro, un po’ Recherche e un po’ Comédie, già pronti per essere ascoltati come se fossero stati scritti. Perché Phillips non solo eccelleva nel racconto per immagini ma sapeva usare la parola scritta, un inglese nitido e sintetico come sa solo chi ha imparato scrivendo le didascalie per Life. Nel catalogo della mostra Guerra e Pace (Firenze Cagliari 2008) così lo ricorda Stefano del Re che a Epoca faceva il redattore capo centrale (e poi sarebbe diventato direttore della Nuova Sardegna) di cui era diventato grande amico dopo che avevamo pubblicato gli scatti segreti rimasti in archivio di una delle più famose foto di Phillips, quella di Roosvelt, Stalin e Churchill a Teheran nel 1943. E raccontava e raccontava, di Josip Tito, di Coco Chanel con Cecil Beaton,…
Storie della Storia. Ecco: deve essere stata proprio la rispettiva predisposizione a raccontare storie, con annessa dote speculare di saperle ascoltare, che fra il principio di febbraio e la fine di luglio del 1944 ha intrecciato per sempre, lasciandone traccia indelebile, la vita di John Phillips con la morte di Saint-Exupery.
Sono diventate un topos narrativo della sua leggenda biografica le smorfie di Saint-Exupéry costretto a indossare la tuta per l’altitudine, a infilare le scarpe foderate, prima di scivolare nel cockpit del P38. Compito a cui era votato proprio il capo René Gavoille. Come ci mostrano senza pudore le fotografie di Phillips scattate ad Alghero.
Ad Alghero si erano acquartierati in un’insenatura a dodici chilometri dall’aeroporto, sulle scogliere di Porto Conte, là dove finisce la spiaggia su cui si adagia il grande golfo chiuso fra Capo Caccia e Punta Giglio, poco distanti dalla torre catalana e dal faro che ancora sta lì, a far la guardia come un antico menhir, genio del luogo, monito per i naviganti. Mi sono trovato anche io fra le stoppie nell’entroterra di Porto Conte per cercare di catturare e ricostruire la topografia tramandata dalle foto di Phillips, come Bruno, l’istruttore di volo che accompagna Daniele Del Giudice in Staccando l’ombra da terra il romanzo sull’arte di volare che ha segnato una breve stagione della giovane letteratura italiana di fine secolo, fin dal momento in cui fu stampato da Einaudi proprio nel 1994, l’anno del Cinquantenario della morte di Saint-Exupery. A cui è dedicato il capitolo finale, poche pagine a contarle, così dense di narrazioni che non ci si rende conto del continuo sovrapporsi fra la voce di chi narra e la voce di chi è narrato.
C’è una fotografia, che sembra scattata dall’altra sponda della «Bramassa», l’insenatura interna fra la torre di Porto Conte e la roccia di Punta Giglio, in cui vediamo Saint-Exupery su una piccola barca in divisa, una barca troppo piccola per lui, portata a remi da due marinai a torso nudo dall’aria molto locale, mentre si arrabatta dondolando fra le onde con una piccola canna da pesca. Nel racconto di Phillips in realtà quella foto tanto rispettosa rimanda all’abitudine della squadriglia di pescare a colpi di granata, con le bombe a mano. C’è un’altra fotografia che John Phillips ha dedicato a me e mia moglie Muriel, americana dalle molte origini come lui, per questo si intendevano con reciproca attenzione, in cui si vede il Lightining che cabra su Punta Giglio sullo sfondo imponente di Capocaccia.
John mi confessò che non si erano accorti di essere ad Alghero, cioè di non aver capito che c’era una storia di secoli ancora viva intorno a loro. Non c’era tempo fra missioni e sedute fotografiche, partite a scacchi e sedute di scrittura coatta per costringerlo a mantenere la promessa fatta a Life. Eppure qualcosa del genius loci di Alghero, Saint-Exupery deve averla percepita se in uno dei suoi andirivieni con l’Africa un giorno telegrafa alla signora che aveva ospitato ad Algeri lo scrittore che aveva spinto Antoine a farsi romanziere, grande Andrè Gide, (l’aneddoto è suo, sul Figaro del 1945), chiedendo con la perentorietà intrinseca in ogni telegramma: «Prepari la maionese e il court bouillon. Arrivo dalla Sardegna con sette aragoste e sarò da lei fra un’ora».
Non ho letto Il piccolo principe quando ho letto Pinocchio, da bambino. Sono nato ad Alghero. Ma così come Saint-Exupéry aveva ignorato la città così anche la città avesse ignorato lui. Pensavo. Mi sbagliavo, però. Mia sorella più giovane di sei anni, ricorda un professoressa, forse la professoressa Sanna, o forse si chiamava Saba che leggeva in classe il Piccolo principe e quando parlava di Saint-Exupèry non riusciva a impedire che una irrefrenabile nostalgia si mutasse in un pianto mal trattenuto. Si diceva che, giovanissima interprete per i piloti della squadriglia di Gavoille, fosse rimasta impigliata anche lei nelle storie di Saint-Exupèry.
Anche Rosa Carboni Montalto era una professoressa. La ricordo come una donna volitiva. Decisa. Autoritaria, anzi. Anche con gli amici dei figli, non solo con i figli. Non ricordo di avergli mai chiesto dei suoi incontri ravvicinati con quella specie di marziano, così come doveva apparire quello strano pilota alto un metro e novanta, con la vecchia bustina francese ma indosso una divisa di lavoro dell’esercito americano, nel sole già caldo della Nurra.
C’è una foto di John Phillips in cui Rosa appare in primo piano, dalle sue gonne fa capolino il figlio, mentre con particolare abilità mangia con le mani il méchoui così come sanno fare i nomadi algerini, radiosa accanto ad Antoine quasi volesse dimostrargli una abilità appena imparata. In un’altra foto, nel cerchio di uomini che ascoltano il discorso di saluto, in camicia bianca, l’unico senza divisa, c’è anche Dante Montalto che fuma attento e partecipe. Quanti fossero i gradi di conoscenza fra l’ingegnere di Vietri sul mare, sbarcato in Sardegna per costruire case popolari che aveva finito per sposare la figlia di una numerosa famiglia di possidenti, e lo scrittore francese non l’ho mai saputo. Ma certo c’erano di mezzo i lavori per adattare la pista di Alghero ai sofisticati Lightining.
Per l’esattezza il giorno è il 28 di maggio. Saint-Exupéry ha deciso di offrire un sontuoso méchoui, l’agnello cotto al fuoco lento per ore e ore come si fa in nordafrica, per festeggiare John Phillips che si prepara a lasciare Alghero. Il servizio fotografico è strepitoso. E tutto sarebbe perfetto se non mancasse il testo che lo scrittore ha promesso a Life. Una speciale euforia cameratesca si è impadronita della base. I pastori sardi si mettono al lavoro fin dall’alba per preparare gli spiedi di lentischio per arrostire alla maniera magrebina 10 grossi agnelli, quasi dei montoni, guidati probabilmente dal sergente capo del garage, grand pére Rioutard, un vecchio zuavo del 14/18, nelle foto si riconosce per i suoi strepitosi baffoni, che sa parlare un po’ di italiano. Gli agnelli sono offerti dallo scrittore. Del vino si è invece occupato il fotografo facendolo venire direttamente dall’Algeria con un singolare stratagemma: 600 litri stivati nel serbatoio di emergenza di un Lightning!
Ha raccontato Rosa, intervistata dal critico letterario Neria De Giovanni, in occasione del Cinquantenario della scomparsa dello scrittore: «Era la casa del guardiano del faro di Porto Conte che ospitava Saint-Exupery. Noi invece abitavamo sul porto di Alghero, in via Garibaldi con mio marito Dante. A lui piaceva parlare con me in francese. Non vi dico i pettegolezzi… Mio marito Dante, nel 1944 era l’ingegnere responsabile del Genio aeronautico per la Sardegna del Nord. L’aeroporto l’aveva progettato proprio lui, prima che ci conoscessimo, sui terreni espropriati a mio padre. Lo invitammo a cena. E mi regalò una copia del Piccolo Principe in francese. Mi parlava di tutti i suoi libri senza smettere mai. Forse sorpreso di trovare anche ad Alghero qualcuno che avesse contezza della sua fama letteraria. Così ho certamente capito l’importanza di quello scrittore pilota, e non ho mai prestato a nessuno la copia del suo libro».
Con un pizzico di candida civetteria, una cugina di Rosa ricorda ancora gli incontri con Saint-Exupèry ad Alghero, quando una delle sue amoureses si faceva regalare la stoffa dei paracadute che veniva utilizzati per confezionare sontuose, per i tempi di guerra, «combinazioni di seta con mutande e reggipetti».
Il pessimismo di Saint-Exupéry, il giorno che partiva per l’ultima missione da Bastia in Corsica dove il II/33 si era appena trasferito da Alghero, nonostante fosse una giornata di sole, sprofondava in quella zona buia della vita che ci sembra, in assenza di altre certezze, il confine con la morte. Che sia morto per errore, come forse è molto probabile, che abbia scelto il suicidio consapevole, come è troppo doloroso immaginare, o che invece sia stato abbattuto da due caccia tedeschi, continuazione del romanzo nella morte, non cambia il senso ultimo della sua storia. La notte dopo il sontuoso méchoui di Alghero aveva mantenuto la promessa e consegnato a John Phillips il suo ultimo articolo Lettre à un Américain. Così come il servizio fotografico Phillips decise, per il dolore, di non pubblicarlo. E per lungo tempo solo lui seppe che per Antoine de Saint-Exupèery nell’universo c’era un unico centro di gravità: «L’Homme lui-même, le respect de l’Homme, la liberté dell’Homme, la grandeur de l’Homme»: l’Uomo in quanto tale, il rispetto dell’Uomo, la libertà dell’Uomo, la grandezza dell’Uomo...
Commenti
11:02
Nuovo appuntamento con la libreria Il Labirinto Mondadori di Alghero.Sabato 22 novembre alle ore 18 nella Sala Sari (ex Avis) del Liceo Classico (fronte libreria), Giampaolo Cassitta presenta l’ultimo libro pubblicato con Arkadia editore, “La legge di donna Matilde”. L’autore dialoga con Elias Vacca
18/11/2025
Per il biennio 2025/2026 il plafond previsto per il contributo è pari a 60 milioni di euro, di questi circa 5 milioni sono destinati alle 355 domande ammesse a finanziamento per altrettante biblioteche in Sardegna



Hosting provider Aruba S.p.A. Via San Clemente, 53 - 24036 Ponte San Pietro (BG) P.IVA 01573850516 - C.F. 04552920482

La testata usufruisce del contributo della Regione Sardegna Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport
Legge regionale 13 aprile 2017 n. 5, art. 8 comma 13

© 2000-2025 Mediatica SRL - Alghero (SS)